Febbre Q (Q fever)

Breve storia di una grave epidemia nell’uomo dove l’allevamento della capra ha giocato un ruolo chiave

Cos’è la Febbre Q.

La Febbre Q è una malattia zoonosica sostenuta da Coxiella burnetii che presenta nell’uomo una elevata variabilità clinica; può passare infatti da una forma completamente asintomatica ad una acuta con sintomi  più o meno gravi, finanche all’aborto e alla forma cronica molto grave. La morbilità è relativamente alta e la mortalità non è affatto trascurabile.

Moltissime specie sono sensibili all’infezione da C. Burnetii, dagli animali selvatici agli animali domestici e di allevamento. Anche alcuni animali a sangue freddo sono in grado di infettarsi.

L’elevata sensibilità alla malattia degli animali d’allevamento, soprattutto bovini e piccoli ruminanti, fanno della Febbre Q un reale problema di sanità pubblica.

Nei piccoli ruminanti la malattia ha un esordio clinico di tipo abortigeno. Feti, invogli e lochiazioni rappresentano matrici ad elevato rischio, rischio amplificato dal fatto che C. Burnetii è particolarmente resistente nell’ambiente e si trova in abbondanza nel letame. La dispersione del letame rappresenta una fonte di rischio elevata, soprattutto in territori ventosi dove viene favorita la dispersione anche per molti chilometri.

La storia

Nel 1984 l’introduzione delle quote latte penalizzò anche gli allevatori dei Paesi Bassi che negli anni successivi dirottarono le loro attività zootecniche verso settori non contingentati dalle quote. Molti allevatori decisero di convertire i propri allevamenti bovini. Si scelse di allevare pecore e soprattutto capre da latte.

Negli anni a seguire nel sud dei Paesi Bassi iniziarono a stabilizzarsi molti allevamenti di piccoli ruminanti vocati alla produzione di latte.

Tra il 2005 e il 2007 vennero segnalati casi di aborto in 15 allevamenti di capre e in 1 allevamento di pecore riconducibile e Febbre Q.

2007, spillover nell’uomo.

Giunsero segnalazioni di polmoniti atipiche dapprima in due pazienti ospedalizzati che non rispondevano alle terapie antibiotiche standard. Contemporaneamente iniziarono segnalazioni analoghe da parte dei medici di famiglia. Fu diagnostica la Febbre Q. La distribuzione geografica dei casi umani, tutti in una ristretta area della regione del Noord-Bradant, subito fece ipotizzare una stretta relazione epidemiologica con gli allevamenti nelle strette vicinanze. Il tasso di ospedalizzazione fu del 50%. La mortalità del 1%.

2008 un nuovo picco epidemico. Allevamenti vs uomo.

Nel 2008 una epidemia di Febbre Q fu segnalata in un istituto psichiatrico poco distante rispetto agli episodi segnalati l’anno precedente. Un piccolo gregge di pecore accanto all’istituto senza sintomi apparenti riconducibili alla malattia, regalò un agnello abbandonato dalla madre agli ospiti dell’istituto. L’agnello veniva manipolato in modo molto stretto ed affettuoso da ospiti, dipendenti e visitatori. Venne anche parallelamente intrapreso un progetto di “pet terapy”. Tutto questo esitò in 45 casi clinici, 28 di questi la diagnosi eziologica fu confermata dagli esami di laboratorio. Contestualmente in un’azienda di capre nelle vicinanze venne segnalato un episodio di aborto massivo degli animali. Anche in questo caso il verdetto diagnostico fu quello di Febbre Q. Nello stesso anno altri 1000 casi circa di malattia umana furono diagnosticati. La distribuzione geografica era la stessa dell’anno precedente ma si evidenziarono chiari segnali di espansione nelle aree adiacenti.

2009 grave ondata epidemica SOLO umana.

Sebbene nel 2009 negli allevamenti di capre non furono segnalati casi di aborto né di segni clinici riconducibili alla malattia, ci fu un decisivo aumento dei casi umani (2355) sempre localizzati nelle stesse aree geografiche con un’ulteriore espansione alle aree adiacenti. Il motivo di questo successivo incremento resta ancora poco chiaro. Si evidenziò pero il fatto che il 59% dei pazienti che avevano contratto la malattia vivevano entro un raggio di 5km rispetto ad un allevamento di capre o pecore.

2010 risoluzione dell’epidemia.

Il 2010 fu l’anno della svolta, si ebbe infatti un decisivo decremento dei casi umani (208) segnando la fine dell’ondata epidemica.

Le strategie di contenimento.

Le autorità olandesi misero in atto misure che negli anni furono sempre più restrittive per porre fine alla grave epidemia. Nel 2007, con l’esordio della malattia nell’uomo, il fattore zoonosico non venne considerato in modo sufficientemente incisivo. Dopo la fine della prima ondata epidemica del 2007 l’impressione percepita fu quella di un episodio solitario che si sarebbe esaurito spontaneamente; infatti fu così! L’epidemia si esaurì nel giro di pochi mesi. L’anno successivo, stesso posto e stesso periodo, si ripresentò più severa dell’anno precedente. Occorre considerare una questione di notevole importanza: l’allevamento di cape e pecore ha un caratteristico andamento stagionale. Chi opera nel settore lo sa bene. I picchi epidemici della malattia nell’uomo si distribuirono proprio in corrispondenza della stagione dei parti (fine inverno, inizio primavera).

Misure intraprese:

DataProvvedimento
12 giugno 2008allevamenti >100 capi notifica alle AC >5% aborti in 30gg allevamenti <100 capi notifica alle AC >3% aborti in 30gg Divieto di muovere letame per 90gg dopo la notifica
16 ottobre 2008Vaccinazione volontaria allevamenti >50 capi all’interno della zona di restrizione (45Km) Ingresso a visitatori interdetto per 90gg dalla notifica
02 febbraio 2009Stringenti protocolli igienici e sanitari da applicare a tutti gli allevamenti indipendentemente dallo stato sanitario, di cui trattamenti antiparassitari e misure straordinarie di gestione del letame: Rimozione della lettiera dopo 1 mese dai parti, Coprire il letame durante lo stoccaggio e movimentazione Interrare il letame immediatamente dopo la distribuzione in campo o stoccarlo per almeno 3 mesi Distruzione di aborti e invogli fetali (o inviare per analisi) Stringenti misure igieniche per ridurre la formazione di aerosol
20 aprile 2009Vaccinazione OBBLIGATORIA entro gennaio 2010, ampliamento dell’area
01 ottobre 2009Piano di monitoraggio latte di massa ogni 2 mesi obbligatorio. Blocco della movimentazione degli animali di allevamenti positivi Ingresso a visitatori interdetto in allevamenti positivi
09 dicembre 2009Estensione della vaccinazione obbligatoria anche a zoo riserve pet-farms, ecc.
14 dicembre 2009Piano di monitoraggio latte di massa ogni 2 settimane obbligatorio
16 dicembre 2009Riforma delle capre e pecore gravide negli allevamenti positivi. Proibita la RIPRODUZIONE fino a giugno 2010
18 dicembre 2009Proibita l’introduzione di animali in azienda
Cronologia degli interventi

Le indagini genetiche hanno chiaramente evidenziato una elevata similitudine tra i campioni raccolti dai pazienti umani e quelli di matrice zootecnica. Questo indica chiaramente l’implicazione zoonosica della malattia.

Questa è forse la più semplice spiegazione del concetto di One Health. Questo fu il caso più eclatante in cui la medicina veterinaria è entrata in maniera incisiva nella sanità pubblica. Gli interventi iniziali si dimostrarono troppo superficiali per contenere l’epidemia. Venne gestita solo dal punto di vista umano. Questa distrazione determinò due ulteriori picchi epidemici. L’epidemia è stata debellata semplicemente intervenendo sulla causa ovvero gli animali ammalati. Pertanto la medicina veterinaria ha giocato un ruolo decisivo nella risoluzione del problema.

Occorre ancora una volta ricordare che il fine ultimo della medicina veterinaria è la salvaguardia della salute umana che passa sempre più spesso attraverso la salvaguardia della salute degli animali. Questo è il vero significato di One Health.

Bibliografia:

Maurin M and Raoult D. 1999. Q fever. Clin Microbiol Rev12:518–553.

Roest H, et al. The q fever epidemic in The Netherlands: History, onset, response and reflection. Epidemiol. Infect. 2011;139:1–12.

Schneeberger PM, Wintenberger C, van der Hoek W, Stahl JP. Q Fever in the Netherlands – 2007-2010: What We Learned From the Largest Outbreak Ever. Med Maladies Infect (2014) 44:339–53. doi: 10.1016/j.medmal.2014.02.006

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